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Spesso, analizzando i dati delle campagne insieme ai nostri partner, noto la tendenza a considerare i risultati ottenuti da Google Ads come se fosse un canale “a compartimenti stagni”.
Costo per conversione, incidenza, ROAS… e tutti quei KPI fondamentali per l’analisi della performance, vengono guardati come riferiti – solo ed esclusivamente – alla fetta di ordini ed entrate attribuiti a Google Ads dal sistema e nell’arco temporale in analisi.
Quando questo accade è sempre mia cura spiegare che questo modo di guardare ai dati non è corretto, per lo meno non se ci si augura una crescita di fatturato duratura nel tempo.
Infatti, Google Ads, così come tutti i canali di acquisizione, non è da vedere come separato dagli altri: si parla tanto di multicanalità, touchpoint e percorsi di conversione, ma bisogna veramente capire come questi concetti, alle volte un po’ astratti e fumosi, si riflettano sull’analisi del tuo business.
Cosa comporta questo?
Innanzitutto non bisogna guardare soltanto le conversioni dirette, ma anche la partecipazione dei canali nei momenti intermedi della conversione (magari ne riparliamo un’altra volta 🙂 ).
La questione dell’attribuzione non è l’unica, perché si può andare anche oltre e dire che non bisogna guardare esclusivamente la finestra temporale presente.
Questo perché la conversione – se comporta l’acquisizione di un nuovo cliente come spesso accade con Google Ads – non deve essere concepita come un “compro ora e poi mai più”.
Infatti, in base alla natura del nostro business, un nuovo cliente acquisito potrebbe tornare a riacquistare nel nostro store e fidelizzarsi.
Questo sempre se la sua esperienza di acquisto è stata positiva, ed è il motivo per cui l’utente va coccolato prima, durante e dopo la vendita 😉
Ecco che entra in scena quindi il concetto di Lifetime Value (LTV), ovvero quell’indicatore che va a stimare il valore medio di un cliente in un determinato arco temporale (idealmente per tutto il tempo che può rimanere nostro cliente, quindi potenzialmente anche tanti anni).
Dovresti sicuramente calcolare il Lifetime Value ad esempio se vendi dei beni facilmente riacquistabili – come abbigliamento oppure prodotti alimentari. Infatti, se il cliente sarà soddisfatto della sua esperienza d’acquisto, potrebbe tornare a comprare nel tuo store quando vorrà comprare altri vestiti o avrà finito le scorte. Questo è un dato di cui bisogna tenere conto.
Tuttavia anche se non vendi beni facilmente riacquistabili, a scarsa frequenza di riacquisto – diciamo prodotti per la climatizzazione – dovresti pensare che se un cliente acquista da te una caldaia e si trova bene, magari fra 6 mesi potrebbe comprare da te anche un condizionatore o altri prodotti del tuo catalogo e diventare un cliente fedele.
Per questo motivo, in realtà, il costo di conversione delle campagne non è da rapportare solo al valore di conversione del primo acquisto, ma va valutato sulle entrate generate nel tempo. In questo modo si inizia a parlare non più semplicemente di costo per conversione, ma di CAC (Costo per Acquisizione del Cliente).
Ne consegue che un costo per conversione apparentemente alto diventa di colpo perfettamente sostenibile nella strategia di lungo termine.
Questo è, anzi, auspicabile: tante volte sarebbe possibile stringere le maglie di una campagna fino ad ottenere il costo per acquisizione ideale nel breve termine. E poi? Questo vorrebbe dire rinunciare a delle opportunità e privarsi di una crescita futura.
Ecco perché dovresti calcolare la frequenza di riacquisto, il LTV del tuo business e non guardare ai KPI con i paraocchi, ma rapportarli al valore che un nuovo cliente acquisito può portarti nel tempo.
Ma come si fa a capire qual è il Lifetime Value medio di un cliente? Te ne parla Alberto nel prossimo contenuto: Costo di Acquisizione Cliente (CAC): perché è fondamentale per il tuo Business 🙂
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